Il nuovo metodo "Spark" o come è stato subito ribattezzato "Toscano" per ottenere lo spumante è stato presentato il 25 Giugno alla Fattoria di Poggio Capponi, che è stata la prima azienda ad averlo sperimentato.Questo metodo innovativo nasce dall'intuizione dell'enologo Fabrizio Cardini, specializzato nell'arte spumantistica che ha voluto coniugare il Metodo Classico, dove la rifermentazione avviene in bottiglia e il Metodo Charmat, dove la rifermentazione avviene in autoclave. L'oggetto principale del Metodo Spark è un piccolo contenitore in acciaio inox (contiene 40 litri ) chiamato "champagnotta" munita di una valvola che permette di eseguire tutte le operazioni tipiche del Metodo Classico, maturazione, sboccatura, aggiunta della "liqueur d'expedition. I pregi di questo metodo sono la riduzione dei costi dell'attrezzature necessarie per iniziare la produzione dello spumante, la maneggevolezza, la resistenza e la facilità di stoccaggio viste le piccole dimensioni del contenitore di acciaio inox.La champagnotta è stata realizzata dall'azienda Cavalzani Inox che è specializzata nella produzione di serbatoi per il vino.Il titolare dell'azienda il Dott. Osvaldo Cavalzani ha detto che  in futuro ci sarà la possibilità di noleggiare questi contenitori per tutte le aziende che vorranno iniziare a produrre spumante con il Metodo Toscano.Il primo spumante ottenuto con il Metodo Spark si chiama ROUSSEAU ed è ottenuto con il vitigno Vermentino coltivato dalla Fattoria di Poggio Capponi, si tratta di un " pas dosé" e alla degustazione si è presentato con un bel colore verdolino, perlage fine con buona persistenza. Odori freschi e fragranti che ricordano il floreale, il vegetale e il fruttato. In bocca gioca sul brioso contributo di  freschezza  sapidità, equilibrato, morbido e con una spuma cremosa.     

 

 

2199091Di viole e liquirizia è il titolo  del libro scritto da  Nico Orengo e pubblicato da Einaudi.Si tratta di  un vero e proprio gioiellino, brillante e leggero.Il romanzo è ambientato nelle nuove langhe, tra affari, turismo enogastronomico, vecchie tradizioni e nuove culture del territorio. I protagonisti Giulio e Amalia sono fratelli, uniti da un morboso affetto e da un drammatico ricordo, la morte del padre stroncato da un fulmine tra le vigne. I due giovani hanno lasciato andare in malora la vecchia cascina paterna e hanno aperto un enoteca ad Alba. Un sommelier parigino, viene invitato a tenere un corso sui vini francesi.E' Daniel, separato e padre di una figlia difficile che involontariamente sarà la causa di lacerazioni affettuose e drammatiche che sconvolgeranno la vita dei due fratelli e di tutto l'ambiente dei vignaioli. E' un libro che si lascia leggere velocemente e che consiglio a tutti gli enoappassionati.   

scannedimage-2Alla stazione Leopolda di Firenze, si è svolta Mercoledì 18 la manifestazione Chianti Classico Collection 2009 dove è stato presentato il Chianti Classico 2007 e la Riserva 2006. Assaggiando i vari vini, il Chianti Classico 2007 mostra già un buon equilibrio, ma soprattutto colori meno spinti e un uso del legno meno marcato rispetto al passato. Un’annata in cui si riscontrano di più le caratteristiche del Sangiovese, colori non molto carichi, medio corpo e lieve scontrosità del tannino.Infine le Riserve 2006 pur mostrando un progresso sul piano della territorialità, restano in molti casi dei vini più spinti e lavorati, meno “divertenti” da bere rispetto alle versioni d’annata.

Adesso c’è anche la conferma, il vino prodotto con colture biologiche inquina di meno rispetto al vino prodotto con metodi standard, questo è il risultato emerso da uno studio condotto da Valentina Niccolucci dell’università di Siena e pubblicato dalla rivista Agricolture, Ecosystems and Environment. La ricerca è stata effettuata su due aziende Toscane che producono Sangiovese, una che utilizza metodo biologico ( vitigni coltivati con fertilizzanti naturali, lavori fatti per lo più a mano ) e l’altra che utilizza metodi standard. Per calcolare l’impatto sull’ambiente è stata utilizzata la misura dell’impronta ecologica che viene calcolata  misurando tutte le risorse necessarie per produrre il vino. Il risultato? l’impronta ecologica per produrre il Sangiovese biologico è risultata 7,17 metri quadrati contro i 13,99 per il Sangiovese  ottenuto con metodi standard.

Quale è il migliore? questa è la domanda che spesso mi veniva fatta.Ma la domanda giusta doveva essere ” Quale salveresti? ” Infatti l’assaggio dei vari Brunello 2003 è stato deludente.I profumi e i sapori del grande Brunello sono assenti nella maggior parte di questi vini.Alcuni sono talmente maturi, anzi direi stramaturi che odorano di cotto, altri presentano dei tannini verdi che non matureranno mai . Alcune aziende hanno tentato di ringiovanire il prodotto aggiungendo del vino più giovane, il risultato è abbastanza sgradevole perch emergono dei sentori di frutta fresca accanto a quelli  di confettura e sottobosco caratteristici dei vini maturi, al gusto presentano una buona morbidezza iniziale ma che velocemente lascia il posto ad una sensazione alcolica e  acido-tannica piuttosto sgradevole.Finale decisamente amaro.Quindi anche il Brunello paga quell’annata calda, torrida, tropicale del 2003. Per me i Bruello 2003 da salvare sono quelli prodotti da La Poderina, Lisini, Mastrojanni, Poggio antico,  Siro Pacenti, Tenute Silvio Nardi, Talenti.Decisamente migliore è stato l’assaggio del Rosso di Montalcino 2006 e 2005, vini decisamente fruttati e freschi, molto piacevoli.

Oggi è il blog action day ed è dedicato all’ambiente, anche io ho deciso di partecipare visto che l’ambiente è da sempre legato alla qualità  del vino. Infatti la differenza di terreno, di microclima, di esposizione e di andamento climatico stagionale portano ad ottenere vini diversi per qualità , profumi e sapori. Da molto tempo ormai si parla di effetto serra e di cambiamenti climatici: il progressivo riscaldamento della terra è diventato un fatto innegabile e non viene più messsa in discussione che la sua causa principale sia da attribuire alle attività  umane. In questo contesto ci si interroga sul futuro della produzione vinicola essendo la qualità  del vino strettamente legata al territorio che lo produce e al clima che lo caratterizza. Uno studio realizzato nel 2006 dall’università  di Firenze all’interno di un progetto di ricerca portato avanti da 16 enti di ricerca di paesi europei e extra europei dal titolo ” Climate change and agricolture in Europe” prospetta l’eventualità  che nel giro di un secolo, il Brunello di Montalcino, il Chianti Classico e il Nobile di Montepulciano potrebbero diventare dei vini estinti, dato che le condizioni climatiche che oggi caratterizzano quelle zone di produzione non sussisteranno più a quella latitudine, ma si sposteranno più a nord. Da questa ricerca amergono anche due parametri molto importanti: l’aumento del tasso atmosferico di CO2 e l’aumento globale della temperatura. Con questo scenario ci si aspettta una modifica notevole delle areee di coltivazione con una generale espansione verso nord e di questo soffriranno soprattutto i prodotti tipici e tradizionali, la cui immagine è fortemente legata all’area di origine come per esempio i vini D.O.C. e D.O.C.G. Non solo ma questi cambiamenti climatici oltre a portare i suoi effetti sul ciclo di maturazione delle piante, porta anche un cambiamento sulla gestione delle acque e sulla sicurezza del territorio. I canbiamenti climatici in corso si manifestano infattti anche con la più elevata frequenza di eventi estremi con sfasamenti stagionali, precipitazioni brevi e intense, un maggior rischio per le gelate tardive, l’aumento di incidenza di infezioni fungine e dello sviluppo di insetti come le cavallette e la riduzione delle risrve idriche. Una situazione che fa aumentare il rischio della desertificazione. Di fronte a questi allarmi io credo che si debba intervenire, e visto che questi cambiamenti climatici sono legati al nostro stile di vita, dovremo iniziare a cambiarlo e ad utilizzare meglio quello che la natura ci mette a disposizione.