Dici Pinot Bianco e non hai detto niente, perchè questo vitigno ha una varietà di espressioni molto ampia:è adatto alla spumantizzazione, può essere affinato in legno oppure fare solo acciaio. Abbondantemente coltivato nelle regioni viticole più fresche, il Pinot Bianco in Italia dà i migliori risultati in Friuli Venezia Giulia e in Alto Adige.Uno dei miei preferiti è il Vorberg, un Pinot Bianco riserva prodotto dalla Cantina di Terlano. I vitigni si trovano ad un'altitudine di 500 – 900 m. su un terreno sabbioso di origine porfido quarzifero. La vinificazione viene effettuata a temperatura controllata in grandi botti di rovere, poi il vino matura per 12 mesi sui lieviti.Alla vista si presenta con un colore paglierino brillante, olfatto elegante con sentori floreali, fruttati, speziati e minerali.Si ricosce il sentore di rosa, la mela, la vaniglia. In bocca è morbido con un buon equilibrio e una buona spinta minerale.A dimenticavo, è ancora giovane,può essere bevuto anche tra 5-6 anni.   

Sicuramente Piero Lugano propretario della cantina Bisson è un grande operatore di marketing, di quelli dotati di grande fantasia. Dopo aver creato il processo di spumantizzazione subacquea (vino degli Abissi) ora stà già pensando di utilizzare una portaerei dismessa per crearsi un vigneto viaggiante, con un'attrezzata cantina nella stiva, in modo che navigando i vitigni possono trovare la giusta insolazione o sfuggire a una grandinata. Più realisticamente c'è in progetto in progetto di creare un "Abissi Riserva" facendolo affinare ulteriolmente nelle profondità delle miniere di rame di Gambatesa, in Val Graviglia. 

Arriva anche l'ottava D.O.C.G. Toscana e và ha premiare un posto speciale, l'Isola d'Elba, con uno dei vini storici della Toscana," l'Aleatico Passito".Già conosciuto dai Romani che lo consideravano uno dei loro vini più graditi, la sua notorietà è legata però a uno dei suoi ospiti più illustri Napoleone Buonaparte. Oggi questo splendido vino rosso aromatico stà avendo un nuovo successo e spero che questo nuovo riconoscimento gli permetta una maggiore notorietà.

Le vie del vino è un piacevole libro scritto da Jonathan Nossiter(autore del documentario "Mondovino " con il quale ha vinto la Palma d'oro al festival del cinema di Cannes nel 2004) e parla di un viaggio tra vitigni, cantine ed enoteche e riflette, parlando di cinema, letteratura, arte. Nossiter sostiene che nella globalizzazione imperante, oltre alla cultura rischia anche il vino.Ed è un rischio "politico", perchè l'omologazione crescente farà scomparire la mano e il sudore, il sole, l'acqua e la terra, il piacere e il lavoro dell'uomo: storia, cultura e tradizioni.La speranza ha un nome: vini naturali (prodotti senza l'utilizzo di sostanze chimiche di sintesi ). Scettico su questo modo di vinificare Nossiter ammette di aver cambiato idea. Ricorrendo a un parallelo cinematografico scrive: ora credo che si possa paragonare il movimento dei vini naturali a una sintesi un pò pazza tra l'umanesimo e la trasparenza del Neorealismo e la sperimentazione estetica della Novelle Vague.Secondo Nossiter non solo va modificato il procedimento di vinificazione ma occorre anche una profonda mutazione nel sistema di chi beve i vini naturali:al posto della seduzione diretta, della rotondità e della chiarezza visuale di un vino convenzionale ( buono o cattivo che sia ) molti dei vini naturali hanno una testura un pò ruvida, letteralmente impura ( con la presenza di un deposito naturale ) e torbida. Un bevitore senza esperienza li può trovare primitivi, non finiti e zeppi di errori tecnici, proprio come sembravano i film di Fassbinder nei primi anni settanta a chi li guardava e li paragonava alla levigatezza dei film di Hollywood.Alla fine di questo viaggio sulle vie del vino naturale Nossiter lancia il suo manifesto: la difesa del terroir non è sinonimo di attaccamento reazionario e ostinato alla tradizione, ma difesa della nostra memoria storica, la sola garanzia in grado di proteggerci dalle menzogne devastatrici del marketing e dallo sfruttamento cinico del mercato, della cultura e della politica mondiale.

La fattoria di San Pancrazio è un' azienda che si trova nel comune di San Casciano in Val di Pesa e si è messa in evidenza per la qualità dei suoi vini che si lasciano bere facilmente e che presentano uno stretto legame con il territorio. I vigneti si trovano su un terreno ghiaioso con buona presenza di argilla e con una esposizione sud, sud-est.Questa Riserva del Chianti Classico è prodotta utilizzando uve di Sangiovese con  una piccola presenza di Colorino, vinificazione in acciaio e affinamento per 18 mesi in Tonneau nuove e poi sei mesi di bottiglia. Alla degustazione presenta un colore rosso rubino abbastanza intenso con delle sfumature appena granate che lasciano intravedere l'inizio di una lunga evoluzione.All'olfatto impressiona per la sua complessità e per l'armonia tra le sensazioni date dal passaggio in legno e quelle provenienti dal vino. Un frutto dolce e maturo ( ciliegia, prugna, mirtillo, lampone ) affiancato da sensazioni speziate ( vaniglia, pepe ), di sottobosco,  tabacco, legno di cedro, viola.Lentamente emergono anche sensazioni di liquirizia, cuoio e sensazioni minerali.L'assaggio conferma tutte le sensazioni olfattive rilevate, l'ingresso è morbido, ma nella progressione e nel finale è possibile riconoscere la verve del Sangiovese. La trama tannica è importante ma non invasiva, il vino scorre con un grande equilibrio e una accattivante sensazione di velluto legata dalla classica acidità del Sangiovese. Il lungo finale lascia la bocca asciutta con un ritorno aromatico di sensazioni fruttate, speziate e minerali. Questo vino riesce a coniugare la riconoscibilità del terroir con una impostazione moderna che offre pulizia e nitidezza gusto-olfattiva, è uno splendido risultato di un'annata estremamente interessante e promette un lungo e felice invecchiamento.  

Il tappo di sughero tradizionalmente utilizzato per la chiusura delle bottiglie di vino è la migliore tappatura possibile sia sul piano qualitativo che su quello ecologico, ma purtroppo delle volte trasmette al vino un odore negativo definito "odore di tappo" che rende il vino imbevibile.Questo cattivo odore si può formare sia derante il prelievo del sughero dalla corteccia della quercia, sia durante la sua lavorazione per la fabbricazione dei tappi. Il sughero può acquistare sostanze di origine microbiologica che provocano nel vino odori sgradevoli di muffa o di umidità. L'odore di tappo è prodotto dai cloroanisoli,il principale produttore è il fungo Trichoderma Logibrachiatum.Una ricerca effettuata dall'istito della Vite e del Vino di Ponteferrada ( Spagna ) ha identificato il gene che codifica l'enzima responsabile del Tricloroasinolo. L'obbiettivo per il futuro è quello di ottenere ceppi di funghi che non posseggono questo gene e abbiano la capacità di crescere sul sughero, in modo che inoculati artificialmente nel sughero durante la fase di produzione evitino lo sviluppo di altri ceppi di Trichoderma fungibrachiatum.